Una sposa, una troupe e un viaggio, ma non di nozze.
Ventitré ragazzi italiani, siriani e palestinesi hanno affrontato un viaggio lungo tremila chilometri che da Milano li ha portati sino a Stoccolma, per permettere a cinque giovani palestinesi e siriani di raggiungere la capitale svedese senza essere bloccati dai controlli e dalle rigide leggi sull’immigrazione.
“Dopo migliaia di morti nei tuoi mari e migliaia di arresti in frontiera, non resta che disobbedire”, così recita il trailer di “Io sto con la sposa”, documentario girato dai giovani durante il viaggio iniziato il 14 Novembre 2013 a Milano e conclusosi il 18 Novembre a Stoccolma. Si tratta però di una disobbedienza assolutamente pacifica, che ha visto i giovani protagonisti di una ribellione fatta di canti, balli, sorrisi e un finto corteo nuziale, che gli ha permesso di bucare la Fortezza Europea e di aiutare cinque ragazzi a compiere il loro viaggio, la loro coraggiosa fuga da un Paese in guerra.
Ma partiamo dall’inizio.
Ci sono un giornalista italiano, Gabriele Del Grande, e un poeta palestinese siriano, Khaled Soliman Al Nassiry che un giorno, a Milano incontrano cinque ragazzi palestinesi e siriani scappati da un Paese in guerra che non gli consente più di vivere una vita dignitosa, e sbarcati a Lampedusa dopo un lungo e rischioso viaggio. I cinque giovani da Lampedusa sono riusciti a raggiungere Milano, ma il loro obiettivo, come quello di molti migranti che arrivano nel nostro Paese, non è l’Italia; il loro obiettivo è la Svezia. Gabriele e Khaled decidono così di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino, e decidono di mettere in scena un finto matrimonio con l’aiuto di una loro amica, Tasneem, una giovane palestinese che vestirà i panni della sposa, e altri amici che interpreteranno il ruolo degli invitati al matrimonio. Un’idea geniale, chi sarebbe tanto stronzo da fermare una sposa in festa con i suoi invitati per controllare i documenti? Nessuno. E infatti nessuno lo ha fatto e il corteo ha raggiunto Stoccolma senza alcun intoppo.
Il viaggio è stato ripreso e documentato per intero da una troupe, diventando un documentario di denuncia sociale, specchio di una realtà drammatica e ingiusta, ma specchio anche di un Europa diversa, solidale e accogliente, che consapevolmente ignora le leggi e i controlli in materia di immigrazione, e si abbandona a semplici e puri valori di fratellanza e solidarietà.
“Io sto con la sposa” è stato lanciato online con una campagna di crowdfunding che si pone 75.000 euro come obiettivo da raggiungere entro 60 giorni per far fronte ai costi di postproduzione e distribuzione del documentario nelle sale cinematografiche, e per permettere allo stesso di varcare i confini del Festival del cinema di Venezia oltre alle già varcate frontiere europee.
Sembra una storia irreale, di quelle che vedi solo nei film, ma la storia è reale, e reali, purtroppo, sono anche le conseguenze che questo atto di generosità porta con sé. I registi e sceneggiatori del documentario, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry e Antonio Augugliaro rischiano 15 anni di carcere a testa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma come hanno detto i tre “aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto” e chi non è dalla parte del giusto se non chi aiuta qualcuno a sopravvivere in un mondo sempre più spesso governato dall’egoismo e dall’indifferenza verso la sofferenza altrui?
“Un film documentario ma anche un’azione politica, una storia reale ma anche fantastica. Io sto con la sposa è tutte queste cose insieme”.
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